Costigliole Saluzzo
Notizie sicure su Costigliole si hanno a partire dalla seconda metà del XII° secolo, ma si pensa che già nell’antichità il luogo fosse sede di un abitato romano nella zona pianeggiante. Infatti recenti scavi di sondaggio hanno portato alla luce tracce di un esteso insediamento romano nell’area retrostante il complesso scolastico. Ogni indicazione su quel sito, per il momento, può essere data solo a livello di supposizione. Un’ipotesi è che potrebbe trattarsi di una colonia della città romana di Augusta Begiennorum (Benevagienna), non lontano da Fossano.
Uno storico del ‘600, F.A. Della Chiesa, scrisse che già allora era antica la tradizione che collocava nel Saluzzese una colonia romana, della cui esatta ubicazione non si era però al corrente. Un’altra indicazione è data dall’organizzazione dei territorio. Occorre immaginare un paesaggio molto diverso da quello attuale, con il torrente Varaita che, precedentemente alle opere di canalizzazione attuate nel Medioevo, era un largo corso d’acqua, molto irregolare e pericoloso. Era impossibile insediarsi presso le sue rive e non era facile costruirvi ponti. La soluzione migliore era attraversarlo più a monte, nei punti in cui l’alveo era più stretto. In questo modo le strade attraversavano le pendici del monte Pagliano.
Inoltre una via romana doveva correre verso S.Martino di Busca, dove sono state trovate altre tracce di età romana ed un’altra via proveniva dalla pianura, probabilmente da Augusta Begiennorum, dirigendosi verso la collina. Quando la civiltà romana pagana fu soppiantata da quella cristiana, si costruirono chiese sugli insediamenti precedenti, o in posizione dominante su di essi, a significare il potere della nuova religione. A Costigliole ne è un esempio la chiesa di Sant’Eusebio, la quale, oggi in stato di completo abbandono, conserva tracce romane.
Nel 1215 si ha la prima concessione in feudo da parte di Manfredo Il di Saluzzo a favore di Guglielmo Costanzia. Questa potente famiglia fu strettamente legata al Marchesato di Saluzzo, dal quale ottenne importanti cariche e privilegi.
Tra il 1200 e il 1300 ci fu l’espansione dell’originario nucleo abitativo con la costruzione dell’imponente castello sulle cui rovine in seguito, fu edificato il Castello Reynaudi. Agli inizi dei ‘400, per iniziativa dei Costanzia, vi fu un ampliamento urbanistico del borgo con la costruzione della Parrocchia di Santa Maria Maddalena.
Nel 1487 le truppe di Carlo 1 di Savoia, nel corso delle operazioni contro il Marchese Ludovico II, distrussero tutte le opere di fortificazione di Costigliole, arrecando gravi danni al tessuto urbano.
Tra il 1530 ed il 1536 Costigliole fu ancora e ripetutamente occupata e saccheggiata dalle truppe francesi alleate del Marchesato in lotta contro i Savoia.
Dal XVII secolo in poi venne meno l’esclusivo dominio dei Costanzia ed iniziò un lungo periodo in cui una nobile e ricca famiglia originaria di Savigliano, i Crotti, acquìstò il potere e fece erigere un nuovo ed imponente castello (l’attuale castello Reynaudi) sulle rovine del vecchio.
Negli anni seguenti varie sciagure si abbatterono su Costigliole.
Nel 1630 una gravissima epidemia dì peste decimò la popolazione e nel 1691 le truppe francesi, in ritirata da Cuneo, rasero al suolo il paese. Dopo questo terribile episodio, il Comune venne nuovamente ricostruito, seguendo un criterio di espansione urbanistica verso la pianura. Tra gli edifici che furono costruiti in tale periodo, sono significativi esempi dell’architettura dell’epoca “Palazzo Giriodi di Monastero” (attuale Municipio) e “Palazzo La Tour”. Con il secondo conflitto mondiale le vicende belliche interessarono nuovamente il paese che nel 1940 fu il punto di raccolta delle popolazioni sfollate dell’alta Valle Varaita durante la breve campagna contro la Francia. Il 5 gennaio del ’44 i nazifascisti si riversarono su Costigliole e sulla frazione Ceretto con l’intento di reprimere con la violenza il fronte partigiano. Così a Ceretto furono uccisi 27 innocenti per dare una lezione, per far capire alla popolazione del Saluzzese che i nazifascisti erano decisi a non permettere che la Resistenza potesse protendersi verso quella pianura, il cui controllo era assolutamente necessario per mantenere le comunicazioni con Torino. L’azione ebbe un carattere esclusivamente intimidatorio, dal momento che nella zona l’organizzazione delle bande partigiane era in fase ancora embrionale. Questo avvenimento non fece che maturare sempre di più lo spirito di ribellione della popolazione. La Resistenza coinvolse via via un numero crescente di uomini. Così, prima che con il 25 aprile si giungesse alla Liberazíone finale, vi furono altre vittime.
Sulla lapide murata nell’atrio del Municipio, che ricorda i caduti, si contano 40 nomi. Ancora oggi nella frazione Ceretto, la prima domenica di gennaio, ha luogo la cerimonia ufficiale della Commemorazione dell’eccidio nazifascista.
Nei dintorni
Il Marchesato di Saluzzo
Il marchesato di Saluzzo occupava parti delle attuali province di Cuneo e di Torino, arrivando a possedere, in taluni momenti storici, anche zone oggi sotto controllo francese. Territorio storicamente saluzzese era però l’area compresa tra la Stura, il Po e le Alpi. Principali centri del marchesato erano Saluzzo, la capitale, Carmagnola (sede della zecca), Manta, Castellar e Racconigi.
Per tutto il periodo della sua indipendenza Saluzzo fu retta da un ramo dei Del Vasto, famiglia che aveva anche altri possedimenti in Liguria e Piemonte.Le mire espansionistiche dei Savoia (e più tardi, con maggior vigore, dei francesi) non permisero a Saluzzo di ampliare i propri confini in altre parti del Piemonte, né di mantenere la propria autonomia. Anzi la Francia, dopo il 1494, trattò il marchesato prima da alleato-subordinato, poi da vero e proprio protettorato e vassallo, per finire con annetterlo in seguito, approfittando della situazione di discordia tra gli eredi rimanenti di Ludovico II e tra questi e i sudditi. Il trattato di Lione del 1601, sottoscritto dal re Enrico IV di Francia, sancì la cessione di Saluzzo a Carlo Emanuele I di Savoia in cambio della Bresse e del Bugey.
La Val Varaita
La Valle Varaita si estende per circa 70 chilometri risalendo da Costigliole fino al Colle dell’Agnello, dove una strada panoramica che culmina ai 2744 m del valico la unisce alla valle francese del Queyras.
Il Monviso, piramide di roccia oceanica, il “vesulus pinifer” declamato da Dante, incombe sulla valle, ma la sua vista si perde quando i tornanti della strada principale si inerpicano verso i primi contrafforti. Il suo profilo inconfondibile riappare solo in quota, per regalare panorami indimenticabili.
Paesaggi straordinari si alternano: i dolci e fertili declivi del tratto iniziale si trasformano in paesaggi alpini, verdi pascoli e ripide praterie, vaste foreste di latifoglie e pinete di larici e cembri. Da sempre la valle cosiddetta “smeraldina” risplende nelle mille sfumature del verde della sua vegetazione rigogliosa.
Ovunque si intravvedono piloni, piccole cappelle e santuari che costellano i versanti e le alture, testimonianze di un passato di fitte reti di traffici e devozione, nonché di aspirazioni culturali e artistiche.
Terreno ideale per gli sportivi, la valle offre innumerevoli possibilità di svago e di intrattenimento estivo e invernale. Per chi cerca sfide entusiasmanti in bici, la salita al colle è ormai leggendaria; palestre di roccia, ferrate e falesie spettacolari richiamano climbers esperti e esordienti, percorsi a balcone lungo la valle costituiscono itinerari ideali per la pratica del MTB e in inverno delle racchette da neve. I centri di sci da discesa e di fondo regalano bei momenti di divertimento e per gli amanti del ghiaccio, le ormai mitiche cascate:un vero must da queste parti.
Ben salda è la tradizione occitana che caratterizza, in particolare nella lingua, la parte superiore della valle. Permangono ovunque attestazioni di questo periodo aureo: nell’architettura delle case, nelle tradizioni, nel folclore, nella lavorazione artigianale del legno.
Provvista di attrattive anche sotto l’aspetto enogastronomico, la Valle Varaita offre prodotti tipici di aziende agricole, formaggi pregiati, salumi stuzzicanti, castagne e funghi gustosi, liquori di erbe e vini dal gusto allettante.
Un vasto panorama da scoprire, un paesaggio fertile e generoso, un patrimonio di tradizioni mai dimenticate, una terra di frontiera ricca di suggestioni…
Un invito, dunque, da cogliere al volo!
La Langa e il Roero
Le Langhe (Langa in piemontese) sono una regione storica del Piemonte situata a cavallo delle province di Cuneo e di Asti, confinante con altre regioni storiche del Piemonte, ossia il Monferrato e il Roero e costituita da un esteso sistema collinare definito dal corso dei fiumi Tanaro, Belbo, Bormida di Millesimo e Bormida di Spigno.
Essa si può suddividere in:
Bassa Langa: zona compresa fra il Tanaro a nord e il Belbo a sud, con quote genericamente inferiori ai 600 m; è la zona dell’Albese, dei vini e del tartufo (rinomato il bianco di Alba).
Alta Langa: è la zona al confine con la Liguria, con quote massime sui 750 m e un picco di 896 m nel comune di Mombarcaro; qui dominano i boschi e la coltivazione della pregiata varietà di nocciole “tonda gentile delle langhe”.
Langa Astigiana: zona nel sud della provincia di Asti, con Canelli a nord e il fiume Bormida di Spigno ad est, con un picco di 851 m nel comune di Serole.
Il giorno 22 giugno 2014, durante la 38ª sessione del comitato UNESCO a Doha, le Langhe sono state ufficialmente incluse, assieme a Roero e Monferrato, nella lista dei beni del Patrimonio dell’Umanità.
Il Roero (Roé in piemontese) è una regione geografica del Piemonte, situata nella parte nord-orientale della provincia di Cuneo. Prende il nome dalla famiglia omonima – ovvero quella dei Roero – che a partire dal periodo medioevale e per vari secoli ha dominato su questo territorio.